Il Teatro del Popolo di Castelfiorentino1867-2017. Storia e memoria

A cura di Fabio Dei, Antonio Fanelli, Giovanni Parlavecchia

Il volume, edito da Silvana editoriale, si apre con le presentazioni del sindaco Alessio Falorni e di Paolo Regini, presidente di Banca Cambiano 1884. Alessio Falorni si sofferma sulla passione che la riapertura del Teatro ha riacceso nella comunità e sottolinea come lo stesso Teatro, il cinema, il Museo BeGo, la biblioteca Vallesiana, la scuola di musica rendono “scintillante la corona della cultura a Castelfiorentino”.

Paolo Regini ricorda l’impegno di Banca Cambiano nella valorizzazione dell’identità storica delle comunità, nella convinzione che la cultura è un volano in grado di innescare virtuosi processi di sviluppo: è significativo, a questo proposito, anche il sostegno degli “Amici del Teatro”.

Il contributo di Maria Cristina Giglioli, presidente della Fondazione Teatro del Popolo, mette in risalto come esso vuole, ricordando il proprio passato, essere soggetto attivo per costruire futuro e come, pur nel mutamento, nel corso di 150 anni, degli scenari sociali, educativi, culturali, artistici, è oggi il luogo dove una comunità, sempre più vasta e articolata, ritrova i sentimenti, l’impegno, la solidarietà, il senso di appartenenza, le speranze, le passioni, i momenti di gioia, che le sono propri.

Fabio Dei nel suo saggio ha il merito di riuscire a contestualizzare le vicende del Teatro in uno scenario sociale, culturale, politico a livello nazionale. Di particolare interesse la sottolineatura, a proposito della fondazione, dell’intreccio tra cultura popolare e delle élites, tra spinta dal basso e intervento delle classi dirigenti dell’epoca. Il saggio si proietta nel futuro, ponendo delle domande che toccano le relazioni sociali e chiedendosi quale sarà negli anni a venire il Popolo del Teatro.

Il contributo di Luigi Zangheri documenta le biografie dei più importanti esponenti della classe dirigente risorgimentale e post risorgimentale, che furono tra i fautori della costruzione del Teatro. La consultazione dei registri della tassa di famiglia, ha consentito una scoperta, che obbliga a ripensare opinioni consolidate: si pensi al pagliaiolo, al fabbro, al locandiere che riescono ad aggiudicarsi un palco del primo o secondo ordine, così come il vetturale e il maniscalco, sia pure del terzo ordine.

Stefania Petrillo è riuscita a trovare documenti inediti per illustrare il dualismo tra il polo religioso (Santa Verdiana) e il nascente polo laico (il Teatro appunto) della socialità castellana, restituendo un inedito e non secondario tassello di un momento importante della loro storia meno recente.

Paolo De Simonis ha riletto la storia del teatro da una prospettiva antropologica e ha illustrato in maniera originale come le forme teatrali e le pratiche di diffusione e di fruizione del Teatro siano mutate nel corso di 150 anni di storia.

Il saggio di Giovanni Parlavecchia, basato sui documenti conservati nell’archivio della Accademia teatrale, ricostruisce alcune fasi dei rapporti, spesso conflittuali, tra il Comune e l’Accademia, dai quali emergono da una parte gli ostacoli e le difficoltà della politica culturale dell’ente locale nella lunga fase che precede l’acquisizione della proprietà; dall’altra le crescenti difficoltà dell’Accademia, dopo i successi di pubblico degli anni ’40, ’50, ’60, collegate alla crisi della socialità tradizionale castellana, che precede e innesca quella degli spettacoli e degli incassi.

Antonio Fanelli ha realizzato una lunga e approfondita ricerca sulle memorie e le storie del Teatro e della comunità di Castelfiorentino attraverso una ampia raccolta di testimonianze orali. Un ampio saggio storico-antropologico mette al centro della narrazione i racconti dei protagonisti della vita politica e culturale locale e degli appassionati fruitori e frequentatori del Teatro. Dai personaggi locali agli spettacoli memorabili, dai conflitti per la proprietà e la gestione del teatro al passaggio dagli spettacoli popolari pre-televisivi (cinema, lirica, varietà) al teatro più militante e sperimentali, fino alla patrimonializzazione del teatro con il restauro e la recente riapertura. Un’epopea collettiva che permette di ampliare la riflessione critica sulla tradizione civica e la subcultura rossa con un approfondimento su una vicenda peculiare, come quella castellana, che vede il teatro e la cultura come momenti di coesione sociale e di sviluppo di una cultura diffusa e condivisa a livello comunitario.