Dioggene, uno spettacolo che passa dal Medioevo all’attualità, servendosi di strumenti semplici, come la variazione linguistica, indagando l’animo umano di ieri e di oggi.
Diviso in tre parti, tre quadri, ruota intorno a un unico personaggio, un attore famoso, Nemesio Rea.
Nel primo quadro (Historia de oddi, bifolcho) conosciamo Nemesio sulla scena mentre interpreta un proprio testo, scritto in autentico volgare duecentesco, la storia di un contadino toscano che ha partecipato alla tremendissima battaglia di Montaperti in cui Siena e Firenze si sono scontrate.
Nel secondo quadro, L’attore e il buon dio, lo ritroviamo nel suo camerino, mentre si preparara per lo spettacolo, turbato dall’avvenuta rottura violenta con la moglie, tra pianti, grida e insulti.
Ma è nel terzo quadro (Er cane de via der fosso d’a maijana), che finalmente vediamo Nemesio vivere felice in un bidone dell’immondizia. Ha lasciato tutto, la sua professione e la sua vecchia vita. Ha deciso, come il filosofo greco Diogene, di rifiutare ogni ambizione e possesso per essere libero di parlare del vero senso della vita.
“Tre lingue italiane diverse per ciascuno dei monologhi (volgare toscano, lingua corrente del nostro 21° secolo, romanesco), tre atmosfere, tre toni, tre stili. Epica e commedia, sberleffi e crudeltà. In ognuno dei tre quadri, apparentemente così diversi tra loro, ci sono gli stessi temi che ruotano: La violenza dei maschi, l’umana stupidità, la guerra, il bisogno di bellezza e di amore.”
– Giacomo Battiato

