“Mettere il gatto in cantina – è un espediente assai saggio – ma se invece del topo – ti mangia il formaggio?” Con questo parlar figurato si snoda la commedia. Antonio e Carlotta sono una giovane coppia di sposi ancora in luna di miele nella loro villa di Vaglia (sulle colline di Firenze), e vivono questo primo periodo di matrimonio come due colombi: tubano in continuazione. Ospiti di Antonio sono sua zia Giuditta con la figlia Grazia. Giuditta ha lasciato Firenze, portando con sé anche Grazia, il giorno che il Granduca è scappato a Gaeta e Firenze si è riempita di “liberali”.
Grazia è una ragazza timida e succube della mamma e tutte queste smancerie amorose fra i due sposi, a lei ricordano un amore segreto: un bacio lanciato da un volontario, mentre passava sotto le sue finestre, per arruolarsi con Carlo Alberto. Il signor Procopio, vicino di villa, è un vecchio gaudente che si diverte a tutte queste scaramucce e cerca di sedare le rimostranze che la zia non perde occasione di fare ai due sposini. Antonio confida a Procopio di non sopportare più le ingerenze della zia nel suo matrimonio e vorrebbe rimandarla a Firenze, ma non vuol neppure rimanere fuori, alla morte della zia, dall’eredità.
Allora non gli rimane che trovare un bel giovanotto (“un gatto”) che mangi d’amore la Grazia. Il giovanotto (“il gatto”) infatti compare all’improvviso, è un amico di Antonio, hanno studiato insieme, e come accade quando due amici si ritrovano dopo parecchio tempo c’è il desiderio di raccontarsi le cose accadute e non condivise e Antonio e Giovanni hanno tanto da raccontarsi. Antonio si è sposato ha scelto una vita tranquilla, borghese; Giovanni invece ha una vita frenetica, è un passionario, uno che si getta animo e corpo alla causa Italia: infatti lo troviamo sempre sul campo di battaglia, ora a Milano, ora a Novara, ora con le donne.
Sì, a lui le donne, “specie se maritate” non resistono: gli cascano ai piedi come foglie morte! “Mettere il gatto in cantina – è un espediente assai saggio – ma se invece del topo – ti mangia il formaggio?” Con questo parlar figurato si snoda la commedia. Antonio e Carlotta sono una giovane coppia di sposi ancora in luna di miele nella loro villa di Vaglia (sulle colline di Firenze), e vivono questo primo periodo di matrimonio come due colombi: tubano in continuazione.
Ospiti di Antonio sono sua zia Giuditta con la figlia Grazia. Giuditta ha lasciato Firenze, portando con sé anche Grazia, il giorno che il Granduca è scappato a Gaeta e Firenze si è riempita di “liberali”. Grazia è una ragazza timida e succube della mamma e tutte queste smancerie amorose fra i due sposi, a lei ricordano un amore segreto: un bacio lanciato da un volontario, mentre passava sotto le sue finestre, per arruolarsi con Carlo Alberto.
Il signor Procopio, vicino di villa, è un vecchio gaudente che si diverte a tutte queste scaramucce e cerca di sedare le rimostranze che la zia non perde occasione di fare ai due sposini. Antonio confida a Procopio di non sopportare più le ingerenze della zia nel suo matrimonio e vorrebbe rimandarla a Firenze, ma non vuol neppure rimanere fuori, alla morte della zia, dall’eredità. Allora non gli rimane che trovare un bel giovanotto (“un gatto”) che mangi d’amore la Grazia.
Il giovanotto (“il gatto”) infatti compare all’improvviso, è un amico di Antonio, hanno studiato insieme, e come accade quando due amici si ritrovano dopo parecchio tempo c’è il desiderio di raccontarsi le cose accadute e non condivise e Antonio e Giovanni hanno tanto da raccontarsi. Antonio si è sposato ha scelto una vita tranquilla, borghese; Giovanni invece ha una vita frenetica, è un passionario, uno che si getta animo e corpo alla causa Italia: infatti lo troviamo sempre sul campo di battaglia, ora a Milano, ora a Novara, ora con le donne. Sì, a lui le donne, “specie se maritate” non resistono: gli cascano ai piedi come foglie morte!